venerdì 21 maggio 2010

Costa Teatina: il Parco contro il petrolio

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COSTA TEATINA: Rocca San Giovanni















Sulla costituzione del Parco della Costa Teatina parla Andrea Natale: “Sono trascorsi quasi 13 anni – esordisce Andrea Natale, Assessore all'Ambiente, nonchè Direttore della Riserva Regionale “Lecceta di Torino di Sangro”- da quando il Senatore Staniscia, bontà sua, pensò di inserire la Costa Teatina tra le aree di reperimento principali per costituire Parchi Nazionali nella Legge Quadro Nazionale con l’art.4, comma 3, legge n°344/97 e 9 dalla sua istituzione con la L. N°93/2001 e siamo ancora qui a cincischiare e perdere tempo”.

Facciamo un po' di chiarezza: punto primo, finchè non cancellano la legge a livello nazionale l’iter del Parco si DEVE concludere, così stiamo ritardando l'applicazione di una legge dello Stato. La Regione (Giunta Pace) sollevo l'incostituzionalità e provò a bloccarne l'istituzione e la Corte Costituzionale, sentenza n.422 del 2002 gli diede torto, dicendo che la competenza è del Ministero, sentita la Regione. Punto secondo, la perimetrazione su cui si discute è una proposta fatta al Ministero dalla Regione Abruzzo, poiché alla Regione non arrivarono le proposte dei Comuni, molti presero tempo, come fanno ora, con dei distinguo. Punto terzo, è vero che la perimetrazione proposta sembra fatta ad hoc per farsi dire di no dai Comuni, della serie noi abbiamo risposto all'obbligo che ci chiedeva il Ministero il no facciamolo dire ai Comuni. Punto quarto, i vincoli, qui abbiamo atteggiamenti strani che vanno dal tatticismo alla mistificazione, per arrivare a punte che sfiorano il terrorrismo psicologico, che denotano, per molti, la supponenza e la non conoscenza della materia di cui si parla. I vincoli sono collegati alla zonizzazione interna al perimetro del Parco, le zone sono, solitamente 4, e i vincoli sono diversificati a seconda di ciò che si trova dentro queste zone. La zona A, a protezione integrale è quella dove c'è quello che si deve tutelare, la biodiversità da proteggere, le Riserve e i SIC, nel nostro caso dovrebbero andare lì, la zona B, dove si dovrebbe riqualificare ed agire per ricucire, in ottica di rete ecologica, il territorio e il paesaggio, agendo anche come “cuscinetto” per proteggere le zone a forte valenza naturalistica, la zona C, dove ci sarebbe uno sviluppo “controllato” e la Zona D, dove si prevedono regimi ordinari e dove le previsioni rimarrebbero quelle previste dai Piani Regolatori Generali.

Per avere un'idea pensiamo al Parco del Gargano, non mi sembra che lì si sia tornati “indietro al calesse e al cavallo” o che non sia possibile più neanche “aprire una finestra”, o che si sia “bloccato lo sviluppo”. Nessuno pensa, ne lo potrebbe fare, di porre gli stessi vincoli che esistono sulle Riserve alle zone dei centri abitati o delle zone industriali (vedi Val di Sangro).

Dobbiamo capire che si deve cambiare modello economico di riferimento però. Non possiamo consumare territorio, mettere al primo posto il profitto privato ed illuderci di poter continuare a crescere, continuando a far pagare i costi ambientali e sociali al pubblico. Più che di sviluppo dovremmo parlare di benessere durevole. Viviamo in un mondo finito e le risorse che abbiamo le dobbiamo gestire in modo razionale, controllato e pianificato. Il turismo che dovrebbe essere il volano della nostra economia locale e che si deve trainare l'agricoltura, l'agro-alimentare, deve avere come obiettivo la qualità e come confini la sostenibilità. Uno studio commissionato 5 anni fa dalla Rete delle Riserve Regionali dimostrò che nelle Riserve gestite bene ogni euro investito ne produceva 40, un esempio per tutti la Riserva Regionale del “Lago di Penne” che tra indotto e persone che lavorano per la Riserva arriva a quasi 3.000 occupati! Come presenze turistiche i Comuni con Riserve e Parchi sono quelli che hanno registrato i maggiori trend di crescita, la BIT ed EcoTour ci confermano questi trend ogni anno.

Aggiungo in conclusione che con l'ingresso dei paesi dell'Est Europa i fondi europei stanno prendendo sempre più quella strada e per noi restano destinate risorse per la sostenibilità. I territori con aree protette saranno quindi favoriti per quanto riguarda l'Europa Occidentale per attrarre finanziamenti. Il Parco esteso a mare bloccherebbe anche la petrolizzazione. Non capisco questa schizzofrenia del dichiararsi contro e presentare osservazioni contro la petrolizzazione e poi tentennare davanti ad una scelta che bloccherebbe l'espandersi di questo pericolo. Se si dice no alla petrolizzazione e si al turismo e all'agricoltura di qualità e alle fonti rinnovabili con il Patto dei Sindaci bisogna dire si anche al Parco. I 5.000 cittadini abruzzesi a San Vito il 18 aprile lo vogliono, su Facebook è nato un gruppo Pro Parco Nazionale che ha quasi 2.00 iscritti in solo 8 giorni, dobbiamo parlare chiaro ai cittadini. Fossacesia sta lavorando alla proposta, credo che si debba fare chiarezza sull'argometno di cui si parla e confrontarsi anche con i cittadini, le associazioni, gli imprenditori e le università, non possiamo perdere questa occasione, ognuno si prenda le proprie responsabilità e non butti fumo per depistare gli altri e continuare a perdere tempo il declino è vicino altrimenti e le scelte devono essere nette e veloci nella direzione che ci viene indicata da molte parti come quella percorribile: SI AL PARCO e SUBITO.

fonte: tuttoAbruzzo.it

Lettera aperta di Ludovica Raimondi


http://www.thenovecentospost.com/wordpress/wp-content/uploads/2008/12/gianni_chiodi.jpg

Ill.mo Presidente Gianni Chiodi,

Le scrivo dopo aver letto dell’ “intesa” raggiunta tra la Regione Abruzzo e lo Stato, grazie alla quale il disegno di Legge n. 32 del 18 Dicembre 2010, riformulata dopo l’impugnazione del Governo di fronte alla Corte Costituzionale, potrà avere valore effettivo e debellare la paura dell’invasione petrolifera nella nostra terra. Un passo avanti nella lotta che associazioni ambientaliste, comitati e noi semplici cittadini abbiamo abbracciato e stiamo portando avanti con onestà intellettuale e caparbietà; si potrebbe dire che è un passo avanti della vera Democrazia. Leggendo alcuni articoli, mi sono venute in mente riflessioni istantanee, che nell’arco della giornata hanno trovato conferma nelle obiezioni mosse dalla così definita opposizione: la legge suddetta vieta attività di estrazione, coltivazione e lavorazione di “idrocarburi liquidi” nell’80% del territorio abruzzese, ossia in quelle sei aree ritenute protette per peculiarità specifiche che tutti conosciamo. Rimane fuori quel 20% , per cui Lei ha precisato «vanno comunque tenuti in considerazione i vincoli di compatibilità idrogeologica, sismica, tettonica». Bisogna quindi pensare che la copertura del territorio sarà del 100%? La domanda che mi è sopraggiunta è questa: cosa deciderà la regione in merito alle richieste della compagnia americana Forest Oil, che ha chiesto la concessione per trivellare il giacimento di gas naturale nei pressi del Lago di Bomba, aprendo altri pozzi e installando un impianto di raffineria e desolforazione del metano, comunque rischiosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente? Se la lettura non m’inganna, la Legge permetterebbe tale attività, in quanto non compare la dicitura “idrocarburi liquidi e gassosi”. Perché non è stata inserita sin dall’inizio? Questo ai miei occhi appare un “NI” e non un deciso “NO”. Per poi non parlare dell’omissione della VAS: mi chiedo se al Governo Regionale stia davvero a cuore la salute dei cittadini. Anche qui mi sembra che la risposta risulti non positiva. Tornando quindi a “bomba”, in queste settimane molti cittadini e associazioni hanno scritto centinaia di lettere e osservazioni contro il progetto della compagnia americana, per chiedere alla Regione di non acconsentire alle richieste da questa avanzate: quale sorpresa ci riserveranno i nostri governatori alla luce di quanto detto finora? Cosa dobbiamo pensare noi semplici e ignoranti cittadini? Che nei Suoi piani economici e politici era già in considerazione questa possibilità di regalare il Lago di Bomba agli americani? Una canzone recita “chi vivrà, vedrà”. Vedremo!!! Rimane comunque il fatto che non è stato detto un NO categorico a QUALSIASI ATTIVITA’ DI RICERCA, DI ESTRAZIONE E DI RAFFINAZIONE NELLA NOSTRA TERRA. Altro aspetto che vorrei contestare è questo: lei continua a dire che è stanco di parlare di qualcosa che non esiste, che non c’è. Mi riferisco al Centro Oli, che secondo le Sue parole sarebbe un “fantasma” creato dai soliti ambientalisti, per intimorire la popolazione. Negli articoli di oggi si legge “da quando io sono al governo il Centro Oli non c’è, mentre quando ha governato l’Ambientalismo esso era una realtà”. Mi permetta, Presidente, quando ha governato l’ambientalismo? Se si riferisce a Del Turco, be’, non erano gli ambientalisti a guidare il timone della nave, ma il Pd, un partito politico pari al Suo!!! Questo dimostra quanto la politica sia lontana dalla gente e dall’onestà etica e morale: le ragioni ambientali potranno anche influire su alcune ideologie, ma la popolazione tutta sta dimostrando che la battaglia contro il Petrolio e gli Idrocarburi non ha colori politici e non vuole essere strumentalizzata da chi fa solo conti con il proprio elettorato e i voti da conquistare. Le dico sinceramente che il mio dito è puntato contro tutti, indistintamente, perché è stata violata la libertà di ogni cittadino di essere informato e interpellato su questioni che lo riguardano in primis. Basta parlare di Centro Oli di Ortona!!! Abbiamo scritto per fermare i progetti di Elsa, Elsa2, Casalborsino, Ombrina Mare2, Lago di Bomba!!!! Può ancora dire che il problema petrolio sia il Centro Oli? Nelle osservazioni degli esperti e nei progetti della Medoil Gas si legge che la piattaforma Ombrina Mare2 avrà un Centro Oli galleggiante, un desolforatore sempre attivo a soli 6Km dalla costa di San Vito Chietino. Grazie a chi si sta prodigando a reperire informazioni degne di essere divulgate, ho letto che anche la Provincia di Teramo sarà presto interessata dalla minaccia delle compagnie petrolifere: mi riferisco alle istanze di Permesso di Ricerca in Terraferma “Colle dei Nidi” e l’istanza “Corropoli”, che concentrano quasi tutti i paesi del teramano, da Notaresco a Nereto e S.Omero, da Mosciano S. Angelo a Roseto, Giulianova, Tortoreto, Alba Adriatica e Martinsicuro. Mi dispiace come cittadina e come persona che riesce ad andare al di là delle semplici frasi ad effetto e propagandistiche sentire mistificazioni sulle nostre ansie e sui nostri timori: Le vorrei ricordare che il Suo ruolo richiede serietà e sensibilità anche verso la più innocua preoccupazione cittadina, perché Lei si è candidato e si è fatto eleggere per far fronte ai problemi e alle richieste degli Abruzzesi. Non è bello -e mi permetta questo appunto- che un Presidente sbuffi dinanzi a domande legittime sul futuro dell’ambiente e della salute di esseri viventi: Le ricordo che non sta trattando con le carte di bilanci o con i numeri economici e basta, Lei ha davanti a sé GENTE, PERSONE, UOMINI, che hanno il DIRITTO DI ESSERE TUTELATI E DIFESI IN MATERIA DI SALUTE E SANITA’. Che tristezza Presidente Chiodi, sentirLa sempre così superficiale e distaccato da cause che riguardano anche il SUO TERRITORIO, la SUA VITA E QUELLA DEI SUOI FIGLI. Cosa lascerà loro nel prossimo futuro? La semplice vanagloria di poter dire “Mio padre è stato il presidente di questa regione?”. Presidente Chiodi non si governa per essere sopra gli altri, per avere privilegi economici e sociali, non si sta al capo di un paese per poter fare ciò che si vuole e per poter girare con la scorta o con le auto blu (anzi, ora grigie) in pompa magna.

Presidente si governa per Amore verso la propria terra, verso le proprie radici e verso la gente che fa parte di quella sua stessa esistenza. Si governa per il BENE COMUNE E IL DIRITTO A ESSERE FELICI!!!!!

Presidente, non sarà Lei o Berlusconi o Napolitano a fermare i petrolieri: saremo NOI ABRUZZESI a farlo, in nome della DEMOCRAZIA PARTECIPATA E CIVILE, quella vera e concreta, quella che viene dal basso, quella che unisce ambientalisti, politici di destra e di sinistra, cittadini di qualsiasi estrazione sociale e di qualsiasi ideologia, religione e cultura. Saremo noi, che avanzeremo e che ci muoveremo per difendere il nostro mare e la nostra terra. Sarete spinti dalle nostre pressioni, affinché si arrivi a legiferare contro l’estrazione di TUTTI gli idrocarburi, contro il nucleare e contro la privatizzazione dell’acqua. La vittoria in queste battaglie non sarà Sua o del Suo partito, non sarà dei politici, ma sarà nostra, della nostra caparbietà e della nostra volontà. Vede, le elezioni hanno un loro termine, sono scandite dai tempi, come qualsiasi cosa su questa terra, ma l’operato rimarrà nella memoria e negli archivi e potrà essere giudicato sempre e ovunque. Noi giudichiamo oggi. Perché non è venuto alla manifestazione del 18 Aprile 2010? Perché non è venuto con la sua famiglia a dare un supporto ai Suoi concittadini? Non solo non è venuto, ma si è preso anche la licenza di tacciare il corteo come una sollevazione politica-partitica, che strumentalizza ed enfatizza alcune tematiche per riscontri a proprio vantaggio. Presidente, personalmente non sono tesserata a nessun partito, pur avendo le mie idee. Ero lì in mezzo a tanti giovani, a tanti bambini e a tante persone che hanno espresso l’identità abruzzese.

In questo periodo vediamo tagli all’istruzione e alla sanità, le due colonne portanti di una società civile e di uno Stato di Diritto. Forse sarebbe banale asserire che le leggi dell’Economia e del Mercato stanno governando con crescendo cinismo le scelte politiche mondiali e italiane in particolare, mentre stiamo perdendo l’Umanità e l’Umanesimo che dovrebbero essere i timoni di una nave robusta e forte: ma credo che non sia così infantile o ingenuo come si pensi. Il capitalismo sta offuscando la mente e sta inculcando un arrivismo senza pari, fatto di competizione spietata e di individualismo, dove la contemplazione della realtà e dell’essenza vitale non trovano più il loro posto. Una medaglia è fatta di due facce, perché il fronte compensi il retro e viceversa. In ogni cosa deve esistere un equilibrio, perché l’univocità non si incrini da una parte o dall’altra. Il mio amore per la Libertà e per la Cultura, però, mi suggerisce che si continuerà a scrivere e a leggere, si continuerà a parlare e a lottare per salvaguardare l’impeto vitale di vita che c’è dentro ogni essere umano. Dio o non Dio, la spiritualità dell’essere sarà sempre forte e più forte, perché senza la contemplazione della Bellezza e della Dignità Umana non si andrà avanti né con la scienza né con l’economia. Ecco perché prima o poi vincerà chi eticamente unirà la concretezza di un’economia sana e pulita con l’idealismo della vita e dell’arte.

Le pongo nuovamente la domanda di dove sia finita la Sua sensibilità abruzzese che avvicinava l’uomo candidato alle politiche regionali alla Dott.ssa Maria Rita D’Orsogna; dove il Suo amore per questa terra. Chi prova un legame forte con la propria regione si impone come un impavido e un “ribelle” verso chi avanza con decisione pretendendo di conquistare le campagne, i pascoli, le coste che hanno segnato la sua vita. Lei questo atteggiamento non lo mostra. Non creda che queste parole siano vagheggiamenti alla Don Chisciotte: ieri potevano essere imperatori, re, generali, guerrieri, crociati, che muovevano guerre contro territori nemici; oggi sono le lobbie, i capitalisti e gli azionisti che in giacca e cravatta, muniti di contanti e contratti, con disinvoltura comprano terreni e politici. Non più architetture faraoniche in pietra, non più cattedrali slanciate verso le sommità celesti, non più grattacieli: piattaforme e raffinerie in tutto il mondo. Cosa andranno a vedere i nostri figli nei viaggi che faranno? Quali nuove malattie dovranno combattere oltre ai cancri oggi più diffusi?

Giorni fa ero a uno degli appuntamenti del Premio Giuseppe Fava e per l’occasione c’era il banchetto di uno dei comitati per la raccolta firme sul petrolio: una signora si avvicina e dice:«Tutto ci stanno mangiando! Tutto. L’Abruzzo è la più bella regione. Sono nove anni che vivo qui e posso dire che è bellissima, la più bella. Certo dopo Napoli, che è casa mia». Lo ha detto con tanto trasporto e le ho risposto:«Anche in Campania state andando al massacro. Vogliono costruire altre discariche alle pendici del Vesuvio». Bellissimi discorsi vero? Interessanti e soprattutto allegri. Non si parla più delle bellezze e del benessere, della serenità che infonde un luogo nel viverlo. No. Si parla di cattiva politica e di bruttezza. Che desolazione. La bellezza è cristallizzata ormai nelle immagini pubblicitarie, nelle foto e nelle cartoline, magari ritoccate e falsificate.

Prima di accomiatarmi Le voglio scrivere poche righe, tratte dal romanzo di Azadeh Moaveni, Viaggio di nozze a Teheran:

Il governo (Iraniano), preoccupato che l’Occidente potesse imporre sanzioni sulle importazioni di benzina, aveva deciso di ritrarre la sovvenzione di lunga data che consentiva agli iraniani di comprare carburante al prezzo ridicolo di circa 35 centesimi al gallone. Vi chiederete come mai l’Iran, che sorge su così vaste riserve petrolifere, debba importare carburante. La risposta è che il governo non è riuscito a raggiungere una capacità di raffinazione sufficiente a soddisfare le esigenze di consumo della nazione.”

La Basilicata, regione italiana, non ha avuto le riduzioni promesse. Gli Italiani non hanno agevolazioni sul carburante. Perché per gli Abruzzesi dovrebbe essere diverso?

Le porgo i miei cordiali saluti con l’augurio di vedere concretizzata la promessa che la Regione Abruzzo rimarrà Regione Verde D’Europa!!!

Ludovica Raimondi

Giulianova, 20 Maggio 2010


un grazie a Ludovica per la sua disponibilità.




lunedì 17 maggio 2010

chi ci capisce e professore...!

Immagine inerente la notizia

nella foto:
Alfredo Castiglione, assessore alle Attività Estrattive.

2010-05-17

IMPRESE ESTRATTIVE: SCATTERA' CANONE DOPO SI' DAL CONSIGLIO

CASTIGLIONE: A BREVE TAVOLO ISTITUZIONALE IN MATERIA(REGFLASH) - L'Aquila, 17 mag. L'Abruzzo è tra la prime Regioni in Italia ad applicare un canone alle imprese operanti nel settore estrattivo in base alla loro superficie in attesa che venga predisposto il Piano Regionale delle Attività Estrattive. L'introito ricavato andrà a vantaggio dei servizi sul territorio. L'iniziativa, che vede coinvolte anche le torbiere, è stata annunciata stamattina in conferenza stampa dall'assessore alle Attività Estrattive, Alfredo Castiglione. Erano presenti anche Gesualdo del Pizzo e Enzo Faieta, rispettivamente responsabile regionale e dirigente del settore Attività Estrattive. 'In attesa dell'adozione della legge organica in materia di attività estrattive - ha affermato Castiglione - la Giunta ha approvato un progetto di legge che mira a coinvolgere finanziariamente le imprese operanti nel settore estrattivo alla riabilitazione e conservazione del territorio con l'applicazione di un contributo ambientale'. Se il progetto di legge sarà approvato dal Consiglio Regionale, a partire dal primo gennaio 2011 saranno applicati gli indennizzi di contributo ambientale. Il valore del canone, per quanto attiene alle cave, circa 300 sul territorio abruzzese secondo Faieta, oscilla tra i 3.000 ed i 10.000 euro annui, calcolati in base ai volumi estrattivi. Per l'attività mineraria invece, il contributo annuale è fissato a 50 euro, per frazione di ettaro, o ogni ettaro in concessione ed a 30 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro per permesso di ricerca. Per le attività estrattive relative alla coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi su terraferma il contributo annuale è pari a 5 euro, per ogni ettaro o frazione di ettaro dato in concessione per i permessi di ricerca, ad euro 50 per la coltivazione di idrocarburi gassosi e liquidi,ed ancora euro 50 per lo stoccaggio. 'Dopo le acque - ha affermato l'assessore - anche le cave, le torbiere e le attività di idrocarburi dovranno pagare un canone, a titolo di indennizzo forfettario riferito agli obblighi facenti capo alla Regione in materia di controllo e gestione del territorio'. Il progetto di legge, che Castiglione auspica arrivi in sede di quarta Commissione la prossima settimana, e che 'si rivolge principalmente all'attività estrattiva connessa alle cave, è stato già positivamente visionato dai referenti delle attività estrattive, mi riferisco, ha aggiunto - ad Apiedil, (Associazione piccoli imprenditori edili) e ANCE, coinvolte sia come associazione cavatori, sia come settore edilizio, ARCA (Associazione Regionali Cavatori Abruzzesi), Associazione Cavatori Teramani'. 'Il contributo - ha aggiunto inciderà 10 centesimi su ogni metro cubo di materiale estratto'. 'Ribadisco - ha concluso - che non verranno più rilasciate concessioni, né permessi di coltivazione per quanto riguarda gli idrocarburi gassosi e liquidi'. A breve sarà costituito un Tavolo Istituzionale tra la Regione e l'Associazione cavatori per definire una comune strategia risolutiva delle complesse problematiche inerenti le attività estrattive'. (REGFLASH)A.S. 100517 giured2/


fonte: Regione Abruzzo

NON SI CAPISCE BENE SE VUOLE FERMARE LE ATTIVITÀ DEI PETROLIERI NEL NOSTRO TERRITORIO O LI VUOLE SOLO TASSARE ???
CHIAREZZA CI VUOLE!!!
NOI CARI POLITICI I PETROLIERI NEL NOSTRO TERRITORIO NON LI VOGLIAMO,
COME VE LO DOBBIAMO DIRE
NON LI VOGLIAMO!!!

giovedì 13 maggio 2010

Sergio Morandi & "Ombrina Mare2"



dr. Sergio Morandi perchè il pozzo Ombrina Mare2 è stato trivellato in una ZONA SPERIMENTALE DI RIPOPOLAMENTO ITTICO ???

per saperne di più QUI

domenica 9 maggio 2010

dimensione al 9 maggio della marea nera nel Golfo del Messico

elaborazione immagine QUI
clicca sull'immagine per ingrandirla

POLITICI MEDITATE!!!

il pesce piccolo...

L'immagine “http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc1/hs037.snc1/4336_1100684850102_1616109795_239701_6939599_n.jpg” non può essere visualizzata, perché contiene degli errori.
   Franco Moroni

Giacimento idrocarburi Bomba, mozione per tutelare il territorio

BOMBA. Quest'oggi nel corso del consiglio comunale di Bomba il sindaco ufficializzerà la contrarietà al progetto del giacimento di gas sul territorio comunale.

Un progetto che sta facendo discutere e alimentando dubbi.
Il giacimento avrebbe una profondità di 1.000-1112 metri ed una estensione di 3.572 ettari tra i Comuni di Bomba, Torricella P., Roccascalegna, Pennadomo.
La durata dell'estrazione sarebbe di 12-20 anni e il totale del gas commercializzato raggiungerebbe 1,776 miliardi di metri cubi.
Il totale del gas estratto al giorno ammonta a 650.000 metri cubi e il valore del pozzo si aggira intorno ai 138 milioni di euro.
Tra i benefici presentati dalla società proponente ci sono le royalties: (120.000 euro al Comune di Bomba, 40.000 euro per gli altri Comuni) e il risparmio sulle bolletta del gas per i cittadini bombesi che dovrebbero spendere così appena 6 euro al mese.
Ma ciò che preoccupa fortemente il comitato sorto da alcune settimane e che si dice nettamente contrario è il «forte rischio idrogeologico» della zona per la presenza della diga sopra al giacimento di gas naturale e la elevata fragilità del sottosuolo.
Intanto il consigliere provinciale Franco Moroni ha presentato una mozione tecnica, concordata e condivisa dall’intero gruppo del Pdl, proprio sull’istanza di concessione per lo sfruttamento del giacimento di gas naturale a Colle Santo nel territorio di Bomba.
Obiettivo della mozione, che si inserisce in un percorso tecnico-amministrativo già avviato dall’amministrazione provinciale di Chieti sin dal proprio insediamento per situazioni analoghe, è quello, dopo aver valutato le peculiarità del progetto, di tutelare quel particolare territorio.
«La nostra azione in materia di salvaguardia del territorio, non è improntata agli estremismi – spiega Moroni – ma restiamo fermi nel portare avanti tutte quelle iniziative istituzionali atte a salvaguardare particolari comprensori della nostra provincia. In particolare quello di Bomba ha unito alla vocazione turistica e ambientale, quella sportiva grazie al Giochi del Mediterraneo che hanno portato in quel territorio investimenti per 5 milioni di euro. Se dovesse arrivare il via libera alla realizzazione degli impianti, ciò significherebbe danneggiare al 90 per cento l’industria turistico-ricettiva, con il relativo indotto, impoverendo la zona e cancellando posti di lavoro».

08/05/2010 10.50

fonte: PrimaDaNoi.it

martedì 4 maggio 2010

news dal golfo del messico







PETROLIERI & BUGIE...

Marea nera, Greenpeace denuncia:
«Troppe falsità su tempi e danni»

L'esplosione della Discovery Horizon

L'associazione all'attacco contro le "falsità" diffuse dopo il disastro della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Nel documento 'Orizzonte nero', gli ambientalisti dicono cosa a loro avviso sta realmente accadendo
Greenpeace all'attacco contro le "falsità" ufficiali diffuse dopo il disastro ambientale della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. In un documento diffuso oggi, 'Orizzonte nero', articolato in sei domande e altrettante risposte, gli ambientalisti dicono cosa a loro avviso sta realmente accadendo. "Dopo tante promesse di 'rivoluzione verde' e Green Economy - premette Greenpeace - agli inizi di aprile 2010, Barack Obama ha ridato il via alle esplorazioni petrolifere offshore negli Usa, dopo una lunga moratoria".Ecco sei domande e sei risposte per "capire il come e i perché di questa ultima catastrofe ambientale".

1) Un incidente senza precedenti? "Falso! La moratoria alle estrazioni petrolifere offshore negli Usa non è cominciata per caso. Nel 1969 esplodeva infatti la piattaforma Santa Barbara (California): in dieci giorni, furono rilasciate in mare 12-13.000 tonnellate di petrolio. Almeno 10.000 uccelli furono uccisi. Dieci anni dopo era la volta della Ixtoc 1, della compagnia di Stato messicana PeMex: 450-480.000 tonnellate di petrolio furono rilasciate in mare nell'arco di oltre 9 mesi, nel Golfo del Messico. È il maggior rilascio di petrolio in mare mai registrato. Altri pesanti rilasci di petrolio furono causati dalle 30 piattaforme danneggiate o affondate dall'uragano Katrina, nel 2005: proprio in Louisiana".

2) Una tecnologia all'avanguardia? "Falso! La piattaforma Depwater Horizon non è della Bp, che l'ha affittata dalla Transocean, a 500,000 dollari al giorno. Con quella stessa cifra, la Bp avrebbe potuto acquistare, e utilizzare, un sistema di bloccaggio del pozzo 'a distanza' (azionabile con un sistema acustico, dalla superficie). Perché questo utile congegno, obbligatorio in Norvegia e in Brasile, non è stato utilizzato in una piattaforma assolutamente all'avanguardia (come sostiene la stessa Bp)? L'uso di questo congegno è stato a lungo dibattuto negli Usa, almeno dal 2000. Ma, dopo forti pressioni della lobby petrolifera, nel 2003 lo US Mineral Management Service concludeva che "questi sistemi non sono raccomandati perché tendono a essere troppo costosi".

3) Mille barili al giorno di petrolio in mare? "Falso! Non sappiamo ancora quanto petrolio stia rilasciando in mare la Deepwater Horizon. Sappiamo che Bp ha mentito quando ha dichiarato una stima di circa 1.000 barili al giorno (c.a. 135 tonnellare). Già dopo i primi sopralluoghi la Noaa (National Oceanographic and Atmospheric Administration) ha portato la stima a 5.000 barili/giorno (c.a. 675 tonnellate) e i media riferiscono di stime assai maggiori. La stessa Bp ha dichiarato per la Deepwater Horizon una produzione potenziale di 150.000 barili al giorno (20.250 tonnellate). Queste cifre devono poi essere moltiplicate per la durata dello sversamento".

4) Bp pagherà tutti i danni? "Falso! Sui media si legge che Bp avrebbe già dichiarato che si assume tutte le responsabilità e che pagherà tutti i danni. Non è vero: Bp ha dichiarato che pagherà tutte le perdite economiche 'accertate e quantificabili'. Ma già i pescatori (soprattutto ostriche e gamberi) si stanno attrezzando per organizzare una 'class action' (azione legale collettiva) per chiedere a Bp almeno 5 miliardi di dollari. Altri danni economici potrebbero essere richiesti dal settore turistico.

5) Gli ecosistemi torneranno presto alla normalità? "Falso! Gli effetti di disastri petroliferi come questo sono difficili sia da valutare che da monitorare. In particolare, gli effetti sull'ecosistema pelagico sono particolarmente complessi. Le sostanze tossiche rilasciate dalle migliaia di tonnellate di petrolio potrebbero avere effetti notevoli sia sulle comunità del plancton (organismi che vivono nella colonna d'acqua) che su altre specie. A ciò bisogna aggiungere gli effetti tossici dei disperdenti (ne sono stati usati almeno 400.000 litri). L'uso di disperdenti può ridurre l'impatto sugli uccelli ('soffocatì dal catrame) ma aumenta quello sulla fauna e flora marina".

6) Basta usare le migliori tecnologie per evitare questi disastri? "Falso! L'idea che incidenti come questo siano causati dall'incuria e dalla cupidigia delle lobby petrolifere non è errata, ma affronta solo parte della realtà. Questi incidenti, che sono più frequenti di quanto non riferiscono i media: dipendono da 'fattori' come uragani, errore umano, malfunzionamento delle tecnologie e altri imprevisti. Ce ne saranno sempre".


04 maggio 2010
fonte: La Nuova Ecologia.it

sabato 1 maggio 2010

Disastro Ambientale: le 10 specie più a rischio nel Golfo del Messico

la fonte è della globalpost.com
di
Julia Kumari Drapkin

1. North Atlantic bluefin tuna
The Great Bluefin Tuna, prized for sushi and sashimi, is one of the species most in danger of slipping into extinction. Traveling down across the Atlantic seaboard, bluefin tuna spawn in the Gulf of Mexico between mid-April and mid-June.
Bluefin tuna
Bluefin tuna. (Keith Ellenbogen/Oceana)
2. Sea turtles
Five of the world’s seven sea turtle species live, migrate and breed in the Gulf region. Kemp's ridley is the world's most endangered species of sea turtle, and one of its two primary migration routes runs south of Mississippi. Loggerhead turtles, also endangered, feed in the warm waters in the Gulf between May and October.
Sea turtle
Sea turtle. (Toru Hanai/Reuters)
3. Sharks
Shark species worldwide are in decline. The grassbeds south of the Chandeleur Islands are very close to the oil spill. These grasses are a known nursing area for a number of shark species, which are now beginning their spawning season in the Gulf. Whale sharks, the world’s largest fish, feed on plankton at the surface of the water and could also be affected.
Whale shark
Whale shark. (Stringer/Reuters)
4. Marine mammals — whales, porpoises, dolphins
Oil spills pose an immediate threat to marine mammals, which need to surface and breathe. Not only does the oil pose a threat, but also the nasty toxins that the oil kicks off into the air. A resident pod of sperm whales in the spill area could be at risk along with piggy sperm whales, porpoises and dolphins.

Dolphins
Dolphins. (Yuriko Nakao/Reuters)
5. Brown pelican
The state bird of Louisiana, the pelican nests on barrier islands and feeds near shore. Brown pelicans only came off the endangered species list last year, but they’ve had a rough time in past seasons with storms. Their reproductive rates are low. Breeding season just started, and with eggs incubating the oil could pose a significant threat.
Brown pelican
Brown pelican. (Bill Stripling/National Audubon Society)
6. Oysters
The coastal waters around the very tip of Louisiana’s boot-shaped coast are home to some of the most productive oyster farms in the country. Oils and hydrocarbons are toxic to oysters. Unfortunately, hydrocarbons can persist in coastal sediments for months or even years. Louisiana oyster farmers, many of whom barely scrape by with high fuel costs and global competition, could have trouble weathering the oil spill if their harvests are affected.
7. Shrimp and blue crab
Coastal marshes are key to the life cycle and development of Louisiana shrimp and blue crab — both staples of the local seafood industry. Inshore shrimp season will open in mid-May, while brown shrimp are in their post-larval and juvenile development stages.
Blue crab
Blue crab. (Jorge Silva/Reuters)
8. Menhaden and marsh-dwelling fish.
The young offspring of species such as mullet, menhaden and marsh-dwelling forage fishes are especially vulnerable at this time of year. Menhaden is a little fish you've probably never heard of, but people all over the world use it everyday. Menhaden fish oil and meat are used in everything from cosmetics to animal feed. Louisiana is one of the world’s biggest suppliers and the oil spill comes smack in the middle of menhaden spawning season.
Mullet fish
Mullet fish. (Toshiyuki Aizawa/Reuters)
9. Beach-nesting and migratory shorebirds
Overdeveloped beachfronts all along the Gulf Coast from Texas to Florida have made life difficult for several species of plovers, sandpipers, terns and oystercatchers. Those that build their nests on the ground and feed on invertebrates are susceptible to oil on the beaches. Some migratory shore birds fly nearly the length of the Western Hemisphere and use barrier islands in the Gulf for key resting and refueling spots on their journey.
Plover
Plover. (Bill Stripling/National Audubon Society)

10. Migratory songbirds — warblers, orioles, buntings, flycatchers, swallows and others
About 96 species of neotropical songbirds make a 500-mile journey without a pit stop across the Gulf of Mexico. The next two weeks mark the height of their migration as they travel north from Central and South America to breed in North America. The smoke from controlled burns to mitigate the oil spill could affect the migration, but the impacts will be difficult to monitor.
Warbler
Warbler. (Vasily Fedosenko/Reuters)
On a positive note, the sweet crude oil found in the Gulf is lighter and less toxic than other oils. It can be burned without refining it first and some ecosystems might be able to break it down over time.
Sources: Gulf Restoration Network; Tulane Institute on Water Resources Law and Policy; Louisiana Sea Grant Program; National Audubon Society's Louisiana Coastal Initiative; Louisiana Department of Wildlife and Fisheries.

NEWS della CATASTROFE AMBIENTALE nel GOLFO DEL MESSICO

dal web il sito più aggiornato in italiano sulla catastrofe ambientale:
leggo.it

MAREA NELLA SULLE COSTE,
OBAMA ANDRÀ IN LOUISIANA:
"STOP ALLE TRIVELLAZIONI"


La marea nera tocca le coste della Louisiana

Cinquemila delfini in trappola nel Golfo del Messico, i primi uccelli con le ali coperte dal petrolio paralizzati sulle rive. Nelle paludi del Delta del Mississippi, invaso dai tentacoli della marea nera, arriva la Guardia Nazionale. Siamo all'inizio del peggior disastro ambientale della storia americana? Alla Casa Bianca il presidente Barack Obama ordina lo stop alle trivellazioni offshore: «Basta per almeno un mese, finchè non sarà fatta chiarezza». Sono passati dieci giorni dall'esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon e in un canale del Delta vicino a Morgan City si rovescia una unità mobile di trivellazione. Obama, attaccato dagli ambientalisti tra cui Bobby Jr, il figlio di Bob Kennedy, andrà in Louisiana, ma non subito. E intanto l'amministrazione preme sulla Bp britannica perchè faccia di più. Il gigante petrolifero è il responsabile del disastro ma le risorse che ha promesse non bastano, ha detto al ministro della Homeland Security Janet Napolitano, affiancata dal governatore della Louisiana, Bobby Jindal. È stato di emergenza anche in Florida. Il ministro della Difesa Robert Gates ha mandato due C-130 mandati dal Pentagono per spruzzare solventi per debellare il petrolio assassino. Sospinto dal vento, l'acre odore della 'piovrà oleosa è arrivato fino a New Orleans, oltre 100 chilometri a nord: «Sembra di respirare dietro lo scappamento di un camion», dicono i residenti della 'Big Easy', consolandosi con le star del festival del Jazz, sponsorizzato per ironia della sorte dalla Shell, tra queste il Paul Simon di Graceland: 'Mississippi Delta Shining Like a National Guitar'. Dicono che potrebbe essere, anzi che sarà peggio della Exxon Valdez, la petroliera che nel 1989 scaricò in mare 40 mila tonnellate di greggio contaminando 1.600 chilometri di costa e scatenando 38 mila azioni legali. Secondo i calcoli della Noaa (National Oceanic Atmospheric Administration) tra 55 giorni il volume di petrolio sgorgato nel golfo del Messico eguaglier… quello dell'Alaska mentre ci vorranno fino a 90 giorni per tappare le falle che si sono aperte nel fondo del mare quando è affondata Deepwater Horizon. Accusato di aver reagito con lentezza al disastro che investe la stessa regione devastata cinque anni fa dall'uragano Katrina, Obama è tornato a parlare della marea nera oggi dal Giardino delle Rose: «Il governo è pienamente preparato e sta facendo tutto il necessario», ha detto il presidente annunciando di aver chiesto al ministro dell'Interno, Ken Salazar, di far rapporto entro 30 giorni «sulle tecnologie e le precauzioni da prendere per evitare un bis di incidenti come questi». Nel frattempo la Casa Bianca ha congelato i piani di nuove esplorazioni offshore e la Bp, responsabile del disastro perch‚ era suo il petrolio del pozzo esploso, ha fatto buon viso a cattivo gioco: «Non metteremo ostacoli». Il maltempo complica intanto gli sforzi di contenimento in cui sono impiegate tra l'altro una settantina di navi mentre sulle tv americane i meteorologi scandiscono il cammino di quello che dall'alto sembra un serpente dalle scaglie iridescenti che si staglia contro il blu cobalto dell'oceano: tra domani e domenica arriver… in Mississippi e Alabama, lunedì in Florida. Lungo le coste, dove pesca e trivelle sono due facce della stessa medaglia - le attività che consentono la sopravvivenza alle famiglie del luogo - la popolazione si sta preparando al peggio. Bob Abbruscato, un pescatore dell'Alabama, è uscito ieri in mare per quella che teme essere stata l'ultima volta della vita e ha detto, trattenendo a stento le lacrime: «Adesso penso con rimpianto a tutti quelli che ho pescato». Dal microcosmo della vita lungo la costa, alle ripercussioni nei palazzi di Washington. Oltre ai ministri inviati da Obama nella zona del disastro, si è mosso anche il ministro della Giustizia, Eric Holder: i suoi avvocati studiano con le procure eventuali responsabilita che potrebbero coinvolgere il gigante texano Halliburton. Bp si è intanto accollata l'onere si inevitabili risarcimenti: «Se le richieste di danni saranno legittime le onoreremo», ha detto il Ceo, Tony Hayward.

MINACCIA GLI ABISSI La marea nera che ha messo in ginocchio il Golfo del Messico «procede inarrestabile sulle coste statunitensi». «Le statistiche ci insegnano che, in condizioni normali, in caso di sversamento di petrolio in mare non si è mai riusciti a raccogliere più del 10-15 per cento di greggio. L'85%, quindi, finisce sulla costa». Intanto è anche emergenza fondali: «Per la prima volta al mondo uno sversamento di petrolio avviene a una profondità di oltre 1.500 metri». Sotto minaccia un habitat per lo più sconosciuto, che vive «senza giorno e senza notte» e che si può considerare un 'eterno imperturbatò. E, a lungo termine gli effetti riguarderanno, nella fauna, insorgenza di tumori, prole deforme e modificazioni genetiche. A tracciare il drammatico bilancio delle conseguenze dell' affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, dieci giorni fa, è Ezio Amato, già responsabile del servizio emergenze ambientali in mare dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), oggi in forza alle Nazioni Unite. Uccelli 'marchiatì di nero, pesci morti e litorali intaccati: questo è quello che appare subito evidente. E per almeno 50 anni si conteranno i danni. Ma ora la corsa contro il tempo è 'chiudere il rubinettò che, dalle profondità marine, sputa letteralmente litri e litri di greggio al giorno in mare aperto (200mila litri le perdite quotidiane stimate). «Questa è la sfida principale perchè si tratta di porre rimedio - ha detto Amato, che ha condotto le indagini sulla nave dei veleni a largo delle coste cosentine - con un'operazione di robottizzazione a una enorme profondità e lì è come rimettere il tappo a una bottiglia di champagne. Chiudere il flusso è un' operazione molto complicata e molto lunga perchè viene condotta in remoto con i robot che sono filoguidati. Il problema è che il petrolio - ha spiegato l'esperto - non esce da un pozzo come quello dell'acqua ma da minuscole porosità della roccia dalle quali il sistema di pompaggio con la pressione succhia il petrolio». Ma ormai tutta l'area è «impattata». «Il petrolio - ha sottolineato Amato - tende a perdere le frazioni più leggere mentre quelle più pesanti affondano. Ed è quanto è accaduto per i disastri della Prestige, di Erika e della Haven». Un affondamento di «grandissime quantità di inerti che continuano però a mantenere intatte - ha messo in guardia l'esperto di emergenze marine - le caratteristiche di nocività ambientale che hanno effetti a lungo termine». Infatti «l'impatto più importante delle sostanze petrolifere sono gli effetti traslati nel tempo come insorgenze di tumori negli animali, prole deforme, modificazioni genetiche. Sarà poi difficile da mon itorare per esempio per quanto riguarda i tumori del fegato nei pesci che vivono in prossimità dei fondali». In queste ore, ha detto ancora Amato, «occorre minimizzare gli effetti in superficie con le panne galleggianti o i disperdenti. Si è provato anche incendiando il greggio». In profondità si pensa a posizionare un enorme paracadute ancorato al fondo con un tubo attaccato alla cupola che pompa il greggio verso la superficie per recuperarlo «ma - ha sottolineato Amato - mettere a punto questa tecnica è difficilissimo perchè non è stata mai tentata al mondo». «Il risultato - ha concluso l'esperto - è che comunque si tratta di una tragedia in atto che durerà tantissimo e il cui impatto è devastante».

STATO EMERGENZA IN FLORIDA Il governatore della Florida Charlie Christ ha decretato lo stato di emergenza nelle contee della costa per l'arrivo della marea nera.

OBAMA: "FORTE IMPEGNO" Tutta l'amministrazione è fortemente impegnata ad affrontare l'emergenza della marea nera. Lo ha ribadito il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando nel giardino delle rose della Casa Bianca. Obama ha detto che il ministro dell'Interno Ken Salazar sta cercando di fare piena luce sulle cause del disastro e che sin dal primo momento tutta la macchina della prevenzione s'è messa in moto nell'intera area colpita.

OBAMA: "PETROLIO SÌ, MA SICUREZZA" L'industria del petrolio è importante per la sicurezza energetica degli Usa ma le trivellazioni offshore vanno fatte «in modo responsabile». Lo ha detto il presidente Barack Obama in una dichiarazione alla Casa Bianca.

OBAMA ORDINA INCHIESTA Il presidente americano Barack Obama ha ordinato un'inchiesta che vada a fondo sull'incidente alla Deepwater Horizon e si aspetta di vederne i risultati entro 30 giorni. Lo ha detto lo stesso presidente alla Casa Bianca.

L'ARIA PUZZA A NEW ORLEANS La marea nera non sta avvelenando solo l'acqua e le coste del profondo sud degli Stati Uniti, ma anche l'aria. L'enorme macchia di greggio sta portando il suo puzzo insopportabile anche a New Orleans. La stampa locale riferisce che in città si sente un odore rivoltante di benzina. «Stamane quando sono uscita - racconta una signora che vive in centro - ho sentito un odore pessimo. L'aria è talmente inquinata che sembra di stare dietro a un camion e respirare continuamente i suoi gas di scarico». La puzza sta disturbando anche i tanti appassionati accorsi in città per il famoso New Orleans Jazz Festival in corso in questi giorni. Aretha Franklin, a sole 10 ore dalla sua performance, ha fatto sapere che staserà non canterà. Tuttavia non è chiaro se la sua scelta di disertare il palco sia stata dettata dagli effetti della marea nera. Non c'è puzza, invece, a Venice, dove il vento sta soffiando forte evitando l'arrivo dei miasmi provenienti dal mare.

AEREI ISPEZIONANO COSTA Aerei della Guardia costiera americana si sono innalzati in volo per ispezionare la costa della Louisiana, dopo le notizie nella notte dell'arrivo sulle spiagge delle prime punte dell'immensa chiazza di petrolio fuoriuscita da una piattaforma nel Golfo del Messico. La marea nera si avvicina quindi alle paludi del delta del Mississippi, minacciando di distruggere un ecosistema fragile e unico. Su impulso del presidente Barack Obama, le autorità americane hanno intanto rafforzato la loro azione per contenere il disastro, mentre la Casa Bianca esclude l'avvio di nuove trivellazioni off shore fino a nuovo ordine. Il segretario per la Sicurezza Interna, Janet Napolitano, ha dichiarato l'incidente di «significato nazionale» aprendo così la strada ad un intervento a livello federale per un disastro che, oltre la Louisiana, minaccia anche Mississippi, Alabama e Florida. Il segretario agli Interni Ken Salazar ha dal canto suo ordinato ispezioni approfondite in tutti gli impianti e le piattaforme petrolifere off shore nel Golfo del Messico. Sia Salazar che Lisa Jackson, capo dell'Agenzia per la protezione Ambientale, sono attesi oggi in Louisiana. La Bp petroleum, proprietaria della piattaforma «Deepwater Horizon», teatro di un esplosione otto giorni fa, ha ammesso ieri che la fuorisucita di petrolio è pari a 5mila barili al giorno, cinque volte più delle precedenti stime.

BP: "IL CONTO È NOSTRO" Il conto per il disastro causato dall'incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico sarà a carico della Bp: lo ha detto un portavoce dell'azienda, Nigel Chapman, interpellato dalla Bbc. «Il conto è nostro - ha spiegato - Tutte le risorse dell'azienda sono concentrate su questo evento, perchè venga gestito rapidamente, in particolare per difendere la costa al meglio possibile. Abbiamo squadre di tecnici al lavoro, equipaggiamento in quantità. Il fine principale, al momento, è proteggere l'ambiente: per questo abbiamo personale e equipaggiamento lungo la costa, per proteggerla. Lo sforzo è ora concentrato lì». Negli ultimi anni la BP è stata coinvolta in diversi incidenti e controversie, e ha dovuto pagare spese ingenti di risarcimento, nonchè multe (solo l'anno scorso 2 milioni di dollari per equipaggiamento non a norma in campi petroliferi lungo il North Slope, in Alaska). Ma secondo gli esperti - che non indicano cifre - il conto potrebbe essere assai più salato, questa volta: oltre alle spese di pulizia, che già ora ammontano a 6 milioni al giorno, Bp potrebbe dover affrontare multe e costi per garantire una maggior sicurezza delle piattaforme che gestisce nel Golfo del Messico. Poi ci saranno i costi legali: sono già scattate due azioni legali legate all'esplosione della Horizon e i possibili danni all'industria per la pesca dei gamberi.

GREENPEACE: "MEDITERRANEO A RISCHIO" Dopo la Louisiana, ora «anche il Mediterraneo è a rischio» marea nera in seguito alle troppe autorizzazioni per trivellazioni per l'estrazione di petrolio, soprattutto nell'Adriatico e ora anche a largo delle isole Tremiti. Questa la denuncia di Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace. «Non basta l'ultima tragedia in Louisiana - spiega Giannì - decenni di maree nere non ci hanno insegnato niente: in Italia, il governo continua a rilasciare autorizzazioni a valanga, soprattutto in Adriatico e, da ultimo, anche al largo delle isole Tremiti». Secondo Giannì «ormai è tempo di dedicarsi davvero alle energie rinnovabili e all'efficienza energetica. Così, invece di uccidere i lavoratori, potremo creare migliaia di posti di lavoro e raggiungere una maggiore indipendenza energetica». L'unica soluzione, conclude il direttore delle campagne dell'associazione, è «smetterla con le esplorazioni offshore e avviare una decisa rivoluzione energetica per liberarci dalla schiavitù del petrolio e dai pericoli del trasporto degli idrocarburi».

RECUPERO FLORA E FAUNA IN 1-2 GENRAZIONI Se gli interventi di arginamento, pulitura e ripristino ambientale vengono fatti tempestivamente, i danni provocati da petrolio e idrocarburi a flora e fauna marina si recuperano nel giro di una-due generazioni per ciascuna specie: da 1 giorno della farfalla a 10 anni della tartaruga». A spiegarlo è Ennio Marsella, geologo marino del Cnr. «Il nostro pianeta ha una grande capacità di autorigenerazione - precisa - e se si agisce subito, i danni a piante ed animali nel mare sono limitati nel tempo, nel senso che dopo una o due generazioni gli effetti si perdono». Le tragedie dei disastri ambientali verificatesi negli ultimi decenni hanno consentito di mettere a punto ed elaborare nuovi strumenti di contrasto e riparazione dei danni. «La maggior parte delle azioni - continua - viene fatta nell'emergenza, cercando di arginare la marea nera con diaframmi galleggianti, diluenti, schiumogeni e roghi. Dopo di che si procede ad una pulitura meccanica, con tanto di spazzola e sapone, di tutto ciò che è stato toccato dal petrolio. O chimica, con prodotti per l'emulsione della pellicola lasciata dal petrolio». In caso di forte inquinamento, si adoperano dei «batteri, brevettati negli ultimi anni, che per sopravvivere si cibano di petrolio». Certo, se una massa di petrolio come quella che sta interessando ora la Lousiana, conclude Marsella, «dovesse incontrare una di quelle chiazze di spazzatura che galleggiano nell'Oceano, i problemi sarebbero ben più grossi».

CASA BIANCA: «STOP A TRIVELLAZIONI» La Casa Bianca ha annunciato lo stop alle trivellazioni petrolifere in nuove aree fino a che non verrà verificata la causa che ha determinato la fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico. Il consigliere della Casa Bianca David Axelrod ha annunciato il cambio di rotta alla Abc: «Non è stata autorizzata nè sarà autorizzata nessuna nuova trivellazione finchè non scopriamo quel che è successo e se è successo qualcosa di unico e di prevenibilè, ha detto Axelrod a Good Morning America. Axelrod è stato categorico: «Nessuna trivellazione in nuove aree andrà avanti finchè non sarà stata fatta una revisione adeguata di quel che è successo alla Deepwater Horizon e quel che è proposto altrove». Osteggiato dagli ambientalisti, il presidente Barack Oabma aveva annunciato alcune settimane fa un nuovo piano di trivellazioni al largo delle coste atlantiche e del Golfo del Messico per ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio straniero.

«PRIMA VOLTA SVERSAMENTO A 1.500 KM DI PROFONDITÀ» Quella della marea nera nel Golfo del Messico «è una tragedia in atto che durerà tantissimo ed è la prima volta al mondo che lo sversamento di greggio avviene a oltre 1.500 metri di profondità». Lo ha detto Ezio Amato già responsabile del servizio emergenze ambientali in mare dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), oggi in forza alle Nazioni Unite. Il pericolo, ha riferito Amato, è quello di «intaccare un ecosistema per lo più sconosciuto alla scienza in un ambiente che un 'eterno imperturbatò, dove non esiste nè giorno nè notte. Quindi si possono immaginare disastri incommensurabili che non sapremo mai».

ESPERTO: «80% SULLE COSTE» La marea nera nel Golfo del Messico «è inarrestabile, sulle coste si riverserà l'80% di greggio». Lo ha detto Ezio Amato già responsabile del servizio emergenze ambientali in mare dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), oggi in forza alle Nazioni Unite. «L'80% di greggio si riverserà sulle coste, solo al massimo un 10-20% verrà recuperato dalla superficie», ha detto Amato, il ricercatore che ha partecipato lo scorso autunno alle indagini sulla nave dei veleni a largo delle coste calabresi cosentine. I disperdenti «sono solo maquillage» in questa situazione, e per le coste, ha detto Amato, «non c'è più niente da fare», mentre il problema più grande è sul fondo dove occorre assolutamente fermare la fuoriuscita del greggio. «Si tratta di un'operazione di robotizzazione estremamente difficile a una profondità di 1.500 metri. Il petrolio - ha spiegato Amato - non esce da un pozzo come quello dell'acqua ma da minuscole porosità della roccia dalle quali il sistema di pompaggio con la pressione succhia il petrolio. Quindi i robot, filoguidati, con telecamere, sonar e due braccia manipolatrici che avvitano e svitano è come se dovessero rimettere un tappo a una bottiglia di champagne».

L'ARRIVO
Onda dopo onda la marea nera della Bp è arrivata a lambire le coste della Louisiana: i primi tentacoli di petrolio, le propaggini avanzate della gigantesca macchia di greggio fuoriuscita da un pozzo sottomarino del colosso britannico dell'energia, sono state avvistate al tramonto di ieri sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana. La perdita dopo l'incidente della Deepwater Horizon si era rivelata ieri cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto, con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l'Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato ieri e stanotte a raccogliere gamberi prima che l'onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti. La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, ieri l'aria era diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile. Il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano e la collega dell'Epa Lisa Jackson oggi raggiungono il ministro dell'Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la casa Bianca, commenta oggi il Washington Post, la marea nera presneta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore. Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate. Obama ha promesso ai governatori ogni risorsa disponibile, Bobby Jindal, della Louisiana, ha chiesto fondi per mobilitare 6.000 uomini della Guardia Nazionale. Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso ieri l'8 per cento sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano.

PRESTIGIACOMO: «ENORME PREOCCUPAZIONE» L'Italia segue con «un'enorme preoccupazione» la vicenda della macchia di petrolio che lambisce le coste degli Stati Uniti. Lo ha detto il ministro dell'Ambiente Stefania Presitigiacomo, che da ieri è in Cina per rappresentare l'Italia all' apertura dell' Expo Universale di Shanghai. «La stiamo seguendo a distanza e c'è poco che possiamo fare, di solito interveniamo con i nostri mezzi ma in questo caso siamo fuori dalle nostre acque territoriali. La seguiamo con enorme, enorme preoccupazione, perchè abbiamo visto che c'è stato un ritardo negli interventi e i danni all'ambiente potrebbero essere giganteschi». «Ci auguriamo che la marea nera si possa contenere e risucchiare», ha concluso il ministro.

1 maggio 2010

fonte: leggo.it