mercoledì 2 dicembre 2009

No al Centro Oli: la prima vera vittoria degli attivisti

ABRUZZO. L’ombra nera del petrolio che spazza via l’immagine del verde Abruzzo? Forse oggi è più lontana. Forse non è mai stata così lontana.

Proprio lo scorso anno di questi tempi la battaglia ambientalista e di civiltà, della trasparenza e per la partecipazione popolare alle scelte fondamentali del territorio, aveva il suo picco.
Numerosi cortei, proteste, il tam tam sul web con siti e blog, passaparola e Facebook per far passare il messaggio che il petrolio da queste parti forse avrebbe cancellato decenni di lavoro sul turismo e l’agricoltura.
La storia del petrolio in Abruzzo però inizia quasi dieci anni fa.
Mentre a New York cadevano le torri gemelle a Roma si firmavano i documenti che avrebbero dato il via ufficiale alla costruzione ad Ortona del famoso Centro Oli, una mini raffineria che sarebbe dovuta diventare il centro di un indotto che comprendeva la zona industriale ortonese e pescarese-chietina ed il porto di Ortona.
In realtà pochi mesi prima dell’11 settembre la cittadinanza fu informata con molti articoli di giornale della notizia, nuova anche questa, del petrolio in abbondanza sotto i vigneti del montepulciano tra Ortona, Miglianico e Tollo.
All’epoca sembrò una grande notizia perché da subito si iniziò a parlare delle royalties, cioè dei milioni di euro che sarebbero arrivati nelle casse degli enti pubblici che avrebbero così potuto migliorare servizi e costruire nuove opere pubbliche.
Nessuno aveva ancora pensato al reale significato di tutto quanto.
Del petrolio non si parlò molto fino al 2007, quando la pratica amministrativa sul Centro Oli sembrò riemergere dall’ombra.
Verso la fine di quell’anno si erano fatti maturi i tempi per le approvazioni urbanistiche nel consiglio comunale, approvazioni che giunsero i primi mesi del 2008.
Ma fu proprio l’ordine del giorno del consiglio comunale ortonese a dare la scossa a quanti si erano dimenticati dell’Eni.
E' stato probabilmente questo il momento decisivo e fondamentale di tutta la storia: la gente scoprì solo allora che Regione, Provincia e Comune erano andati avanti con le riunioni ed i tavoli tecnici approvando il progetto ma non informando la cittadinanza che forse voleva sapere e dire la propria.
Anche lo stesso sindaco Nicola Fratino (Pdl) in più occasioni ha ammesso come la sollevazione popolare sia stata scatenata anche da una cattiva o insufficiente informazione, indicando però come responsabili l’Eni e non gli enti pubblici.
Dal 2008 è iniziata, dunque, una battaglia serrata per l’ambiente che è riuscita a calamitare tantissime persone che si sono mobilitate in comitati, associazioni e organizzazioni, che sono riusciti, come mai prima era successo a far sentire la loro voce a chi amministra il territorio.
Cortei, manifestazioni, striscioni, documentari, interviste e programmi televisivi e poi finalmente articoli di giornale sulla stampa nazionale ed internazionale per attirare l’attenzione del mondo su questa regione che in pochi conoscevano e solo per il verde e le montagne.
La poca trasparenza nella vicenda Centro olio è probabilmente stata la causa della sempre civile protesta, alimentata da indizi e prove di piccoli e grandi conflitti di interessi, di chi aveva vantaggi a soffocare la legittima paura della gente o a premere attraverso enti o istituzioni eterodiretti.
Conflitti di interessi che non hanno fatto bene alla politica e al rapporto con la gente: in Abruzzo la Casta voleva cambiare il volto al territorio per guadagno. E basta.
Poi la politica non ha potuto fare a meno di fare un passo indietro con l’approvazione lo scorso anno di una legge che bloccava per 12 mesi la costruzione di attività insalubri.
Ieri l’approvazione in giunta di un progetto di legge che dovrà essere approvato in consiglio. Non ci sono possibilità che una legge del genere non passi e non venga approvata.
Per quanto riguarda i pozzi e le piattaforme sono vietate in zone precise e particolarmente tutelate.
E’ possibile probabilmente ancora costruirne ma non dappertutto.
Rimane l’incognita del governo e del reale valore della legge abruzzese: servirà davvero a bloccare il petrolio o siamo solo all’inizio di una nuova stagione di contrapposizioni tra cittadini e governo?
Se c’è, però, una cosa che gli abruzzesi dovrebbero imparare da questa vicenda è che l’unione fa davvero la forza e non c’è scelta che il cittadino (che dovrebbe essere sovrano in questa Repubblica) non possa realmente prendere.
Il merito di certi risultati allora non può non essere del popolo che si è attivato ed ha sempre detto no al Centro Olio. Divisioni, egoismi e personalismi non servono e sono un'altra storia.

01/12/2009 9.27

fonte:
PrimaDaNoii.it

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